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9 maggio la giornata dedicata a tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice
- 9 Maggio 2023
- Pubblicato da: Andrea Marini Sera
- Categoria: Notizie
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Il 9 maggio 1978 venne trovato a Roma, nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani, il corpo dell’onorevole della Dc Aldo Moro, rapito e ucciso dalle Brigate Rosse. Lo stesso giorno a Cinisi, in Sicilia, venne assassinato il giornalista anti mafia Peppino Impastato. L’Italia si scoprì più vulnerabile e più impaurita. Per questo il 9 maggio non è un giorno come tutti gli altri, anche oggi.
Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, era stato rapito 55 giorni prima di quel 9 maggio. Nell’agguato di via Fani del 18 marzo 1978 furono assassinati dalle Brigate Rosse cinque uomini della scorta del politico, che fu prelevato e portato in un covo per essere sottoposto a un processo guidato dal tribunale del popolo. Moro fu accusato dai terroristi di essere l’artefice della cosiddetta strategia dell’attenzione verso il Pci, per contrastare la strategia della tensione. Fu il brigatista Valerio Morucci a telefonare per segnalare la presenza del cadavere.
Nella notte tra l’8 e il 9 maggio, perse la vita anche il giornalista siciliano Giuseppe Impastato, conosciuto nella sua terra come Peppino. Il cronista aveva rotto i rapporti con famiglia poiché ne facevano parte anche alcuni mafiosi e si era apertamente schierato, mostrando grande coraggio, contro la mafia. Denunciava Cosa Nostra dai microfoni di Radio Aut di Cinisi, senza rinunciare all’ironia e con un occhio particolare per il boss Gaetano Badalamenti, da lui ribattezzato Tano Seduto. La morte venne inizialmente scambiata per suicidio perchè il cadavere di Peppino Impastato venne imbottito di tritolo e fatto saltare sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani. La mafia voleva che si credesse che Impastato stesse preparando un attentato terroristico. Solo la determinazione della madre di Peppino, Felicia, e del fratello Giovanni, fece emergere la matrice mafiosa dell’omicidio, riconosciuta nel maggio del 1984 dal tribunale di Palermo. Nel maggio del 1992 i giudici decisero l’archiviazione del caso, ma, dieci anni dopo, Badalamenti fu condannato all’ergastolo come mandante.